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Il coraggio del dolore

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                                                                                                           Di Claudio Dal Castello

 

 

imagessssssTutti voi conoscerete Facebook, il famoso social network che negli ultimi anni ha appassionato molti giovani…e non solo.

E’ qui che Stefania mi ha ritrovato; l’avevo conosciuta trent’anni fa sempre tramite corrispondenza, ma col tempo abbiamo perso i contatti.

Fu una grossa sorpresa quando, qualche mese fa, trovai un suo messaggio su facebook.

Da qui ripartì una fitta corrispondenza tramite chat dove ci raccontammo le vicende della nostra vita. Stefania mi disse del dolore che porta con sè dal 2005 per la perdita del figlio Luigi, morto suicida a soli 16 anni.

Mi disse di aver anche scritto un libro a riguardo invitandomi a leggerlo e dal quale ho preso lo spunto per questa intervista.

Perché hai scelto di parlare della tua situazione proprio col dottor Loperfido attraverso una corrispondenza piuttosto che a un qualsiasi psicologo col quale avresti potuto parlare direttamente?

Non sarebbe stato più semplice?
Ho iniziato a scrivere al dottor Loperfido perché credevo di offrirgli la mia esperienza con Luigi affinché lui potesse aiutare altri giovani come mio figlio, non pensavo minimamente di poter iniziare una corrispondenza lunga quattro anni e che già dalla prima mail ho iniziato ad aprirmi a lui.
All’inizio stavo talmente tanto male che andai a Roma da una psicologa, che dopo avermi fatto parlare per un’ora e mezza mi disse che non avevo bisogno di terapia alcuna perché già stavo elaborando il mio lutto da sola e un aiuto fondamentale mi veniva già offerto dalla corrispondenza con il dottor Loperfido.

E poi era molto semplice scrivere una mail a qualsiasi ora del giorno e della notte che prendere appuntamento con un’analista due o tre volte la settimana… scherzo! Se non avessi avuto lui forse sarei impazzita.

In tuo marito hai trovato un valido conforto?

Riuscivate ad affrontare il discorso in famiglia, anche con le figlie più grandi e a farvi forza a vicenda?

Posso dirti che per i miei primi quarantadue anni non ho mai lasciato trapelare un mio solo sentimento di dolore né fisico né psichico; per me era vitale dare serenità e sorrisi sempre e a chiunque, il dolore lo consideravo privato e non condivisibile.

Per questo motivo quando è morto Luigi ho tenuto dentro di me tutto il dolore che provavo ho lasciato libere le mie emozioni solo con Antonio (il dottor Loperfido). In famiglia non si è mai parlato della sua morte, sia io sia mio marito e tra le mie figlie maggiori c’era solo un tacito sapere che tutti noi stavamo soffrendo e parlarne voleva come dire che Luigi era morto davvero e non parlare voleva dire “soffrire di meno” anche se non è cosi. Solo dopo che Antonio mi ha fatto conoscere i gruppi A.M.A. Ass. di Auto Mutuo Aiuto sull’elaborazione del lutto ho iniziato a comprendere l’importanza del condividere il proprio dolore e il proprio lutto.

Da quando mio marito si è avvicinato all’Ass. noi abbiamo aperto un dialogo su Luigi e sulla sua morte che prima non avevamo.

Avrai sicuramente ripensato ai giorni precedenti la morte di Luigi, pensando ad ogni suo gesto o parola per cercare di ca223309_1085537225670_2250_n.jpgpire il suo gesto.

Sei riuscita a darti qualche risposta?
Credo di pensare a quei giorni antecedenti la sua morte sempre. Pensa che a distanza di quattro anni ancora dentro di me abbia ancora la speranza di trovare un suo messaggio d’addio, una spiegazione.

La ragione sa che non c’è dal momento che ho esaminato ogni piccolo spazio della sua camera e di tutta la casa ma il cuore lo cerca ancora.

Passo in rassegna ogni minuto trascorso con lui e l’ultimo giorno l’ho esaminato, sezionato e memorizzato dal momento che mi sono svegliata al mattino fino alla notte. Non sono riuscita a trovare nulla che possa spiegare la sua scelta, so però che ha voluto dare un sorriso a tutti noi con tanti piccoli particolari che resteranno impressi dentro di noi.

Hai mai colto negli altri tuoi figli lo stesso desiderio di morte che spinse quel giorno Luigi al suicidio, in qualche loro gesto o parola?
Io non mi sono mai accorta che Luigi avesse pensieri di morte né tantomeno pensieri suicida, ora meno, ma i primi anni ho avuto tanti rimorsi proprio perché non ero riuscita a capire i suoi segnali di malessere, sempre che ce ne siano stati.

La mia paura di madre è quella di non essere più capace di capire i miei figli ma spero con tutto il cuore che la morte di Luigi e tutta la sofferenza che è in noi ci faccia sentire sempre viva la voglia di vivere intensamente ogni attimo.

Nel libro, soprattutto all’inizio, si capisce che questo dolore hai voluto tenertelo tutto dentro, solo per te. Per quale motivo e come facevi a frenare i tuoi sentimenti davanti agli altri? Non pensavi che condividendo questo dolore sarebbe stato un peso più leggero da portare?
E’ stato facile tenere tutto dentro di me, ero abituata a questo, certo non a un dolore così lacerante ma sentirlo dentro di me era ricordarmi che ero viva. A volte avevo la sensazione di non poter vivere più senza uno dei miei figli e il desiderio di morire era fortissimo.

Mi hanno frenato l’amore per i miei figli, non volevo contribuire alle sofferenze che avevano già; il voler dimostrare che il suicidio non è una soluzione ai problemi …ed altre cose e poi io non condividevo il mio dolore ma non ho mai smesso di parlare di Luigi, della sua vita e della sua morte, tanto che ancora oggi quando ne parlo le persone si meravigliano anzi restano fortemente turbate dalla serenità con cui racconto della sua morte.

Come ti spieghi l’incontro con la signora in Piazza del Popolo a Roma? Solo una coincidenza? Come era possibile che la figlia l’avesse indirizzata proprio lì, proprio da te?
225329 1085537265671 2509 nUna commedia di De Filippo s’intitola ” Non è vero ma ci credo”, io non sono superstiziosa, non credo nel paranormale ma ci sono delle cose che mi accadono e a cui non posso far a meno di credere. Io ero a Roma, a 130 km da casa mia, tra tanti pittori ad una mostra e molti di loro neanche sapevano che mio figlio era morto. Nessuno avrebbe potuto avvisare la signora anche perché nessuno la conosceva.

Coincidenze? Non so se si chiamano così o in altro modo ma sì, credo nelle “coincidenze” perché molto spesso accadono anche a me. Di solito quando si parla di certi accadimenti si viene presi per pazzi, visionari, ti dicono che l’impressione e il dolore faccia brutti effetti, ma poi quando capitano proprio a te allora cambi idea e a volte ti spaventi anche perché non ci avevi mai creduto. Sai ho creduto subito alla signora perché anch’io sento molto forte la presenza di Luigi e percepisco molti dei suoi segnali che mi manda
Non deve essere stato semplice all’inizio affrontare il tema del suicidio di tuo figlio con degli estranei, dover ricordare ciò a cui si cerca di non pensare per soffrire meno. Cosa provavi e cosa ti dava la forza per farlo? Mi riferisco alle persone incontrate che stavano vivendo il tuo stesso dramma a cui hai saputo dare una parola di conforto.
Parlare di Luigi e della sua morte mi dà tanta serenità perché è come averlo sempre presente nella mia vita quotidiana tanto che a volte non mi rendo conto di suscitare reazioni contrastanti e di disagio nelle persone a cui mi rivolgo. Mi riallaccio alla risposta di prima. Quando so di un ragazzo morto suicida io cerco di contattare i genitori per offrire il mio aiuto; vengo assalita dall’ansia di non riuscire a dare un minimo di conforto ma mentre il telefono dall’altra parte del filo squilla, poi una strana calma prende possesso di me e se devo ripetere ciò che dico ai genitori, credo sia Luigi che mi sussurra il modo e le parole giuste.

Come procede ora l’associazione di auto e mutuo aiuto che hai fondato nella tua città?
Caspita… procede molto a rilento, perché vivo in una cittadina di 8500 persone, dove tutti si conoscono e dove ancora si pensa che incontrarsi in un gruppo di auto mutuo aiuto voglia dire mettere in piazza le proprie emozioni e la propria vita. Ancora non c’è la cultura dell’associazionismo. Non mi arrendo però continuerò a diffonder l’auto mutuo aiuto

Dopo la morte di Luigi hai messo alcuni dei suoi effetti personali e altri oggetti riguardanti la sua morte in una valigetta. Sei mai andata a riaprirla? Ti è mai venuta voglia di farlo? Tuo marito e i tuoi figli l’hanno mai fatto?
Sì, apro la mia piccola valigetta di tanto in tanto, a volte la apro per vedere le foto di Luigi nel suo ultimo giorno come per ricordarmi che davvero sia morto, o per toccare i suoi oggetti più cari o tenere fra le mani il cavo che gli ha tolto il suo ultimo respiro… in questi casi credo che gli psichiatri avrebbero piacere ad analizzarmi, cosi tra le lacrime rido e richiudo la valigetta più serena. Non credo che le mie figlie o mio marito lo abbiano mai fatto. Per il primo anno la tenevo chiusa da un lucchetto, era il mio “tesoro” poi invece lo ho tolto cosi possono aprirla, non è giusto, Luigi è parte di tutti noi.

Dopo che Andrea ha scoperto il vero modo in cui è morto il fratello, come si è comportato nei tuoi confronti? Non ti ha mai rinfacciato di avergli tenuta nascosta la verità per tanto tempo?
Andrea è stato malissimo il giorno in cui lo ha scoperto; era la sera prima di ferragosto ed è come se Luigi fosse di nuovo morto in quel giorno. Mi ha rimproverato per non avergli detto la verità subito ma gli ho spiegato i motivi per cui non lo avevo fatto e lui sembra aver capito. In quel momento era molta la rabbia verso il gesto di Luigi e tanto il dolore

 

per la sua perdita che non ha dato tanto peso al fatto di non averlo saputo prima.

Ora parliamo di tutto ma mai del fatto che lui ha saputo dopo del suicidio cosi non mi chiedo mai nulla, credo mi abbia perdonato.
222664_1085530905512_9046_n.jpgP.S. Andrea ha letto questa risposta e mi ha detto che non è mai stato arrabbiato con me

Dopo la morte di Luigi hai trasformato il garage nel tuo studio di pittura. Come ti è venuta questa idea? Come riuscivi ad entrarvi senza sentire la sua presenza e senza rabbrividire vedendo la poltroncina.
Dal giorno stesso non sono più riuscita a mettere la macchina nel garage, lo vedevo un luogo sacro, mi dava fastidio anche che si calpestasse il suolo. La mia casa era piena di tele, quadri, colori, pennelli, tutto questo disordine dava fastidio, giustamente, ai miei figli e a mio marito, cosi mi è venuta l’idea di chiudere la parte di garage dove Luigi si è tolto la vita e di animarla con i miei colori.

Nel garage c’erano due poltroncine, una si trova nella mia stanza da letto vicino il mio comodino ed è piena di animaletti di peluche, l’altra si trova nel garage/studio ed è circondata da colori, pennelli e tele. La presenza di Luigi la sento ovunque dentro e fuori di me maggiormente nella sua stanza e nel garage, in questi due luoghi io sento che lui mi osserva non so spiegarti è come se il mio pensiero si unisca al suo.

Che cosa pensano di te tuo marito e i tuoi figli riguardo a come hai affrontato questo dramma? E tu di loro cosa pensi? Vi siete sentiti vicini?
Dovrebbe essere la risposta più semplice di tutte ma per me è la più dura.
Non so minimamente cosa pensano di me, forse proprio perché non è una cosa che è successa solo a me ma a tutti noi. Ognuno ha affrontato la morte di Luigi in modo completamente diverso l’uno dall’altro. Ho imparato che i grandi dolori tendono a separare o ad unire le famiglie, a noi non è successo né l’una né l’altra cosa, ovvero a volte mi sembra ci sia una grande affinità fra tutti noi e un’unione speciale, a volte percepisco che tutti siamo un po’ più distanti. Dipenderà anche dal fatto che in casa come dentro di noi, Luigi è sempre presente e il dolore della sua mancanza fisica ci ha segnato molto e ci rende vulnerabili.

Concludiamo con una frase che Stefania ha scritto sul retro del libro .
Sei stato precoce in tutto, nel parlare, nel camminare, e nel morire.
Non riesco a continuare a scrivere le lacrime offuscano la vista.

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