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SANTUARIO DELLA MADONNA DEL PERPETUO SOCCORSO dai Francescani ai Redentoristi, cinque secoli di storia

C’era un tempo in cui i fiumi avevano un’importanza strategica e costituivano vie di comunicazione essenziali. In questo contesto l’Adige ricopriva un ruolo primario nei vari scambi commerciali fra le terre del nord e la penisola italica. Le merci viaggiavano su barconi e zattere e lungo le sue rive sorsero centri di interscambio checostituivano fonte straordinaria di crescita economica e culturale.

Bussolengo, affacciato sulla sua riva destra si giovava di questa posizione e deve ad essa probabilmente la ragione stessa della sua esistenza. Il pianoro che domina l’Adige un tempo era chiamato “Bastia”, letteralmente bastione, luogo fortificato e sembra che esistesse  all’epoca un castello. Di sicuro era un luogo con strutture militari e da lì veniva controllato un buon tratto di fiume con le sue strade e i suoi guadi. La veduta poi spaziava sulla Valpolicella e più in la i primi contrafforti dei monti  col Monte Baldo e i Lessini.

Nel sedicesimo secolo qui su questo pianoro sorgevano due chiese: S. Valentino alla Bastia e un’altra più piccola dedicata a San Michele risalente al periodo Longobardo.

Padre Ambrogio Righetti di Negrar, Francescano e valente predicatore, verso la fine del 1500 si fece promotore di un monastero e il comune, su ulteriore sollecitazione della parrocchia concesse le due chiese ed il terreno circostante.

Gli ultimi anni del ‘500 videro l’inizio della costruzione del convento e del chiostro seguiti poi dall’ ampliamento della chiesa ora dedicata a San Zeno. I lavori durarono circa vent’anni e furono possibili grazie alle offerte della popolazione e alle donazioni dei nobili del tempo. Nel 1615 la chiesa è ultimata e viene intitolata al santo di Assisi. Il campanile verrà poi eretto nel 1618. Seguirono poi gli anni bui della peste con la popolazione di Bussolengo decimata. Il morbo porta al ristagno dell’economia ed è solo dopo la fine del contagio che i frati commissionarono il vasto ciclo di affreschi del chiostro. La scelta cadde sui “Muttoni” padre e figlio, noti affrescanti di chiostri, le cui opere sono visibili in svariate chiese di Verona e provincia. Nel 1638 i due pittori illustrarono la vita e le opere si S. Francesco  in una serie di lunette di notevolissimo interesse, una sorta di racconto per immagini, importante per l’ istruzione religiosa dell’epoca.

Il Chiostro è il cuore spirituale ed architettonico del convento. Di forma quadrangolare è circondato da un sottoportico formato da archi sostenuti da colonne bugnate. Per la sua eleganza è certamente una delle espressioni più significative dell’ architettura conventuale veronese. Al centro uno stupendo pozzo di pietra bianca con transetto richiama la scuola del Sansovino. Nel sottoportico sono dipinte le false colonne e le lunette finemente affrescate. Il ciclo pittorico, in 46 episodi narra la vita di S. Francesco toccando tutti i momenti della sua storia, dalla nascita alla conversione, ai miracoli e alla morte. Gli affreschi assumono un interesse storico per la rappresentazione dei costumi dell’ epoca e per le vedute paesaggistiche in riferimento al territorio veronese. Tutto l’ insieme architettonico nella sua quieta regolarità invita alla meditazione ed accompagna il visitatore ad una intensa spiritualità.

Terminati i lavori i Frati Minori intitolano la chiesa a S. Francesco e si dedicano ad una intensa opera di predicazione e di assistenza spirituale suscitando molto fervore tra i fedeli. Nel 1731 la chiesa è rinnovata, elevata in altezza con il soffitto a botte e ornata con pregevoli statue nella sua facciata.

Alla fine del XVIII secolo, con l’avvento di Napoleone la chiesa dei frati venne chiusa, gli immobili e i terreni rilevati dal demanio. Il territorio si trovò poi sotto la dominazione dell’ Impero Austroungarico  e fu in quel periodo che grazie  all’interessamento di Don Giuseppe Turri  il governo austriaco concedette la riapertura della chiesa di S. Francesco ma caddero nel vuoto tutti i tentativi di far ritornare i frati, Don Turri si rivolse allora ai Padri Redentoristi dell’ Austria e grazie al capitale messo a disposizione dall’Arciduca Massimiliano d’Austria, portò a termine la costruzione dell’ala nord del complesso, allo scopo di dare una accogliente residenza per i Padri. I Redentoristi presero possesso del Santuario il 2 Agosto del 1857 festa del loro fondatore, Sant’  Alfonso de Liguori.

L’ icona originale della Madonna del Perpetuo Soccorso è custodita a Roma presso la chiesa di S. Alfonso. Era venerata già da secoli nell’ isola di Creta e nel XV secolo, quando l’isola fu invasa dai Turchi un Cristiano sottrasse l’immagine e la portò con sé a Roma. Lì fu miracolosamente salvata dalla distruzione delle truppe napoleoniche finché il Papa Pio IX nel 1866 la donò ai Redentoristi per farla conoscere e venerare al mondo.

Fino al 1950 il complesso rimaneva diviso in due proprietà, la chiesa di S. Francesco, con annessa la casa religiosa ai Redentoristi, mentre il convento e il chiostro al seminario. Solo dopo questa data i Redentoristi riuscirono ad ottenere dal vescovo l’ antico convento e il terreno circostante compresa la chiesetta di S. Michele alla Bastia. In tal modo tutto il complesso di edifici passò in un’ unica proprietà. Poco dopo si diede vita ad una radicale ristrutturazione del convento mentre nei primi anni sessante fu la volta della chiesa. Da aula unica furono aggiunte due navate laterali dove vennero collocati gli altari della Madonna del Perpetuo Soccorso e di S. Gerardo. Il quadro ottocentesco posto sopra la cantoria celebra l’ incontro tra S. Francesco e S. Alfonso. Degne di nota sono pure le due pale ai lati dell’ altare centrale: “La cacciata dei mercanti dal tempio” e “S. Francesco riceve le stimmate” attribuite al Cignaroli. Notevole è anche la pala sull’altar maggiore di Santo Brumati: “Estasi di S. Francesco”.

Nel 2007 Padre Flavio Roberto Carraro, vescovo di Verona, nel 130° anniversario della venuta a Bussolengo dei Padri Redentoristi dichiara la chiesa “Santuario Mariano Diocesano”.

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